lunedì 22 dicembre 2008

La Seconda Guerra d'Indipendenza e la Spedizione dei Mille

Al termine del biennio rivoluzionario le truppe austriache garantirono il ripristino delle dinastie regnanti prima del 1848. Solo nel Regno di Sardegna non fu restaurato il regime assolutistico, perché il nuovo sovrano, Vittorio Emanuele II, mantenne lo Statuto concesso da Carlo Alberto. Su questa piattaforma liberale e costituzionalista fu possibile adottare una linea politica che rilanciava la questione nazionale, a cui il primo ministro (dal 1854) Camillo Benso conte di Cavour, diede una dimensione praticabile imperniata sul consenso internazionale, assicurandosi il favore della Francia e della Gran Bretagna al progetto di unificazione italiana controllato dal re di Sardegna.
Nella prospettiva di rafforzare il fronte antiaustriaco, Cavour con gli accordi di Plombières del 1858 strinse un'alleanza con l'imperatore francese Napoleone III, il quale si impegnò a combattere a fianco dell'esercito piemontese, ma solo in caso di aggressione austriaca e in cambio della cessione di Nizza e della Savoia. Il progetto prevedeva una sistemazione dell'Italia in quattro stati (il Regno sardo, il Ducato di Parma con la Toscana, lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie), funzionale a impedire la nascita di una nuova grande potenza territoriale e a garantire al papa e alla Francia il ruolo di garanti dei nuovi equilibri. Un'intensa azione diplomatica svolta dalla Gran Bretagna tentò di scongiurare il conflitto tra Austria e Francia, nel timore che questo potesse innescare una guerra di dimensioni ben più ampie. All'opera di pacificazione svolta dagli inglesi si aggiunse l'iniziativa della Russia che tendeva a cercare di risolvere la questione italiana in un congresso europeo, ma le difficoltà insorte principalmente per l'opposizione di Cavour e del papa fecero tramontare la proposta.
Cavour infatti non accettò il veto posto dall'Austria alla presenza del Regno di Sardegna all'ipotizzato congresso, mentre il papa Pio IX osteggiò un'interferenza da parte delle potenze straniere negli affari interni del suo stato. Anche la proposta di un disarmo generale in Italia non ebbe seguito, questa volta per l'opposizione dell'Austria, che il 23 aprile 1859 lanciò un ultimatum al Piemonte, con il quale si intimava il disarmo immediato, pena la guerra. Cavour trasse pretesto dall'ultimatum austriaco per intensificare i preparativi militari, ai quali erano partecipi anche truppe di volontari agli ordini di Garibaldi, i Cacciatori delle Alpi.
La risposta negativa data da Cavour all'ultimatum (26 aprile 1859) determinò lo scoppio della guerra (detta Seconda Guerra d’Indipendenza), dichiarata dall'imperatore Francesco Giuseppe il 28 aprile e iniziata con l'improvviso ingresso in Piemonte delle truppe. L'esercito sardo schierò 63.000 soldati, mentre i francesi inviarono un corpo di spedizione di 120.000 uomini, con cannoni e sussistenza, che furono trasferiti rapidamente al fronte e si posizionarono nel Piemonte meridionale (30 aprile). Napoleone III in persona assunse il comando dei due eserciti.
All'avanzata austriaca, che portò alla conquista di Biella e di Vercelli, rispose una manovra su tre fronti, che aveva lo scopo di costringere le truppe imperiali a ripiegare a sud: Garibaldi con i Cacciatori delle Alpi occupò Varese e Como; Napoleone III trasferì il grosso delle truppe a Novara, mentre le forze piemontesi coprivano il centro dello scacchiere occupando Palestro, nei pressi di Pavia (30-31 maggio). La prima grande battaglia fu combattuta il 4 giugno a Magenta: gli austriaci sconfitti ripiegarono verso le fortezze del Quadrilatero, mentre Napoleone III e Vittorio Emanuele II facevano ingresso a Milano (8 giugno) e Garibaldi con i suoi uomini liberava Como, Bergamo e Brescia.
Francesco Giuseppe, che aveva intanto assunto il comando diretto dell'esercito austriaco, si accinse a nuovi scontri sul campo. Le due ultime sanguinose battaglie si combatterono il 24 giugno: a Solferino i piemontesi e a San Martino i francesi ebbero la meglio sugli austriaci che ripiegarono al di là del Mincio, sulla linea di difesa dell'Adige. Napoleone III giunse a cingere d'assedio Peschiera. Intanto nell'Adriatico una flotta franco-piemontese si avvicinava a Venezia.
La sera del 5 luglio, tuttavia, Napoleone III decise di ritirarsi dal conflitto, preoccupato sia per le perdite subite, sia per le sollevazioni guidate da gruppi liberali e democratici in Toscana, nei Ducati di Parma e Modena e nello Stato Pontificio (che facevano presagire un esito della guerra ben diverso da quello previsto negli accordi di Plombières), sia infine per timore di una discesa in guerra dell'esercito prussiano a fianco dell'Austria. Senza preavvertire Cavour, aprì i negoziati per un armistizio con Francesco Giuseppe. I due imperatori si incontrarono a Villafranca, nel Veronese, tra l'8 e l'11 luglio, accordandosi sui preliminari della pace, firmata a Zurigo il 10 novembre 1859. In base a questi accordi la Lombardia veniva ceduta alla Francia, che successivamente l'avrebbe consegnata al Piemonte; si prevedeva inoltre che si formasse una confederazione di stati italiani presieduta dal papa e che a Parma e in Toscana tornassero i legittimi sovrani. Le ultime due clausole non ebbero seguito, perché le popolazioni emiliane e toscane insorte chiesero l'annessione al Piemonte, che Napoleone finì per accettare in cambio di Nizza e della Savoia.
Il progetto unitario venne poi rilanciato per iniziativa dei democratici. A Palermo, il 4 aprile 1860, era scoppiata un'insurrezione popolare organizzata da patrioti mazziniani, che avrebbe dovuto fornire l'occasione per un'azione armata di ampia dimensione: il suo fallimento non spense le attese. Anzi, vari focolai insurrezionali si diffusero nelle campagne della Sicilia. L'8 aprile Garibaldi accettò quindi l'invito rivoltogli da Francesco Crispi e Nino Bixio di muovere verso l'isola con un gruppo di volontari (Spedizione dei Mille). Il re di Sardegna Vittorio Emanuele II e il primo ministro Cavour rifiutarono di sostenere in alcun modo la spedizione, per timore di turbare il delicato equilibrio internazionale e di provocare interventi stranieri.
Salpati il 6 maggio da Quarto, i Mille sbarcarono a Marsala l’11 maggio, involontariamente protetti da due navi da guerra inglesi che, trovandosi in porto, impedirono alle navi borboniche di aprire il fuoco. Assunta la dittatura della Sicilia in nome di Vittorio Emanuele II, Garibaldi iniziò le operazioni di guerra, che portarono alla vittoria sui borbonici nella battaglia di Calatafimi, alla conquista di Palermo e alla liberazione definitiva dell'isola ottenuta con la vittoria di Milazzo (20 luglio).
Nel mese di giugno Garibaldi emanò un decreto che concedeva ai patrioti siciliani quote di beni demaniali, mentre Cavour inviava un rappresentante del governo in modo da preparare l'annessione della Sicilia al regno sabaudo. Nello stesso mese, nel tentativo estremo di salvare la corona, a Napoli il re Francesco II ripristinò la Costituzione del 1848, decretò l'amnistia per i prigionieri politici e aprì trattative con il Regno di Sardegna.
Le misure liberali adottate dal sovrano non distolsero Garibaldi dal proseguire la spedizione; attraversato lo stretto di Messina, i Mille risalirono la penisola attraverso la Calabria e la Basilicata insorte, fino a entrare trionfalmente a Napoli il 7 settembre. La liberazione di Napoli non significò tuttavia la caduta dello stato borbonico, che avvenne solo dopo la sconfitta dell’esercito di Francesco II nella battaglia del Volturno (1-2 ottobre).
Dopo un plebiscito in favore dell'annessione del Regno delle Due Sicilie al Piemonte (a Napoli su 136.000 votanti i contrari furono solo 31), Garibaldi attese l'arrivo di Vittorio Emanuele II. Il 26 ottobre a Teano (o a Vairano, secondo recenti analisi storiche) avvenne lo storico incontro tra il sovrano e il capo dei Mille. Nella memoria risorgimentale quell'incontro assumerà il significato della piena riconciliazione tra la politica sabauda e l'iniziativa popolare; in realtà, i contrasti tra moderati e democratici non si risolsero con quell’incontro, ma erano destinati a caratterizzare la vita politica del Regno d'Italia.
L'impresa dei Mille si poté dire conclusa con l'ingresso del re di Sardegna a Napoli (7 novembre), cui seguì il ritiro di Garibaldi a Caprera (9 novembre).
Il Regno d'Italia fu proclamato il 17 marzo 1861 dal parlamento unitario, eletto nel gennaio dello stesso anno.

Alessandro Salvi

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